Europa in recessione a causa della crisi energetica



Analizzando lo stato di salute dell'economia in Europa, osserviamo che l'inflazione sale al 9.8% nella comunità europea e all'8.9% nell'eurozona. La Banca Centrale Europea vede un quadro di peggioramento per la crescita nell'area euro e non esclude la possibilità di entrare in una recessione tecnica. Ma le principali preoccupazioni sono relative all'inflazione. 

Isabel Schnabel, membro del Comitato esecutivo della BCE, osserva che se si guarda alle misurazioni dell'inflazione, queste stanno salendo e sono ai massimi storici. Inoltre, anche se entrassimo in recessione sarebbe abbastanza improbabile che le pressioni inflazionistiche scendano da sole. Quello che stiamo vedendo è uno shock da offerta che sta rallentando la crescita e allo stesso tempo aumenta le pressioni inflazionistiche. L'inflazione che stiamo vivendo in Europa è molto diversa da quella che stanno vivendo negli Stati Uniti. 

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In Europa l'inflazione è al 9%, mentre i tassi di interesse allo 0.5%, che  in termini reali, cioè al netto dell'inflazione, sono negativi di 8 punti e mezzo. Si tratta di una situazione davvero drammatica per qualunque investitore o qualunque risparmiatore, perché c'è inflazione ma non c'è rendimento in classe d'investimento come l'obbligazionario. In questo caso, il rendimento, non solo non è superiore all'inflazione, ma non è nemmeno paragonabile all'inflazione che caratterizza questo momento storico. 

Stiamo assistendo a una riduzione del potere d'acquisto della moneta che è impossibile da evitare nel breve periodo. Ognuno compone il proprio portafoglio in linea col proprio profilo di rischio, ma per alcuni profili di rischio non è possibile ottenere dei rendimenti pari o superiori all'inflazione. Senza dubbio, ci troviamo di fronte a uno scenario che non durerà a lungo. 

Prima, però, occorre fare una premessa importante che rende evidenti le differenze tra l'inflazione che stiamo vivendo in Europa e quella che stanno vivendo negli Stati Uniti. La nostra è in buona parte un'inflazione sostenuta dall'aumento dei prezzi dell'energia. L'aumento dei costi dell'energia, infatti, incide per circa il 50% dell'aumento generalizzato dei prezzi. Negli Stati Uniti abbiamo un dato più basso: 30%. Questo ci fa capire che c'è un eccesso di domanda, uno shock di domanda, che nel 2021 ha fatto sì che molte persone tornassero a consumare  beni e servizi in un sistema economico che era stato fortemente sconvolto dagli shock dovuti alla pandemia. L'offerta non è riuscita a stare al passo con la domanda e l'inflazione è salita alle stelle. 

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Quello che si nota da questi dati, a livello europeo, è che c'è un grosso problema legato all'aumento dei costi dell'energia che di fatto dipendono sia da ragioni legate al post pandemia, sia da ragioni legate al conflitto Russia-Ucraina e, di conseguenza, al tentativo dell'Europa di scollegarsi dal gas russo. La BCE, come la Fed, si è mossa molto in ritardo e non è stata in grado di anticipare questi fenomeni inflattivi e neanche di riconoscerli quando si sono manifestati.

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L’inflazione europea, associata all'elevato costo dell'energia, è accuratamente rappresentata in questo grafico che indica il costo per Megawattora medio a livello europeo. Allo stesso tempo però, l'elevata inflazione in Europa è dovuta anche al deprezzamento che sta avendo l'euro nei confronti del dollaro. Di conseguenza, tutti i beni che sono comprati all'estero, quindi fuori dall'area euro, vedono un aumento dei prezzi. In questo modo l'euro ha perso 20% di valore negli ultimi sei mesi e viene considerata come valuta debole. 

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Chiaramente questo favorisce le esportazioni, perché i nostri manufatti e i nostri servizi venduti all'estero costano meno se comprati  in dollari. Allo stesso tempo però, quando noi compriamo energia o materie prime dall'estero, queste avranno un prezzo maggiore se la valuta ha perso valore. Abbiamo così un effetto inflattivo. I prezzi dell'energia sono elevati più o meno in tutta l'area euro:  passiamo dai 600 euro per Megawattora della Germania, ai 611 della Francia, ai 605 dell'Italia e, inspiegabilmente, ai 182 della Spagna. Si tratta quindi di un problema generalizzato di cui si sta discutendo in questo momento. Sia il governo italiano che quello europeo ne stanno discutendo, perché queste sono, in buona parte, le conseguenze  del conflitto Russia-Ucraina e quindi delle sanzioni che sono state applicate alla Russia e del desiderio di riuscire a svincolarsi dal gas russo tra qualche anno. 

Avevamo già registrato nel 2021 l'aumento dei costi dell'energia e quindi un aumento dell'inflazione. Ma dall'inizio del 2022 si è manifestata un'autentica esplosione, poiché interi stati europei, come ad esempio la Germania,  dipendono completamente dal gas russo. Quindi questo shock è stato molto più forte a livello europeo di quanto non sia stato a livello americano. 

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Qual è l'impatto di questi avvenimenti sull'economia italiana?

E' evidente dal consumer confidence, quindi dalla confidenza che hanno i consumatori europei, che in questo momento è ai minimi dal 2012. Neanche nel 2020, nonostante fossimo in lockdown, vi era un pessimismo così generalizzato. La situazione è molto pesante: da un lato abbiamo un'inflazione elevatissima, dall'altro abbiamo la minaccia di problemi energetici che dovremmo affrontare o gestire durante questo e i prossimi inverni. 

E' difficile riuscire a fare una stima di quando riusciremo a risolvere questo problema energetico. 

A livello industriale ci stiamo sicuramente preparando e  Bonomi, presidente di Confindustria, avverte gli industriali di prepararsi ai razionamenti. In altre parole, dovremmo imparare a produrre beni e servizi con meno energia perché potenzialmente non ce n'è abbastanza per tutti. 

L'obiettivo della politica è riuscire a dare un tetto al prezzo dell'energia. E' chiaro che questo ha un costo, come nel caso del tetto al prezzo della benzina, cioè alla riduzione delle accise su benzina e gasolio. Se il mercato prezza una determinata materia prima ad un determinato prezzo e lo stato decide poi di abbassarlo, per non affossare l'economia e sostenere le imprese, lo stato deve pagare la differenza come una voce di spesa pubblica, che deve quindi poi essere inserita all'interno del bilancio dello stato. 

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Nell'ultimo periodo, le prospettive di crescita economica si sono deteriorate notevolmente e ciò è evidente dal PMI (Purchasing Manager Index). Si tratta di un indicatore che si basa su interviste fatte a tutti i direttori acquisti di società ai quali viene chiesto se vi sono ordinativi in crescita o in calo di materie prime per produrre i beni e servizi dell'azienda in questione. Quando questo indicatore è sopra il 50, solitamente vi è una crescita economica, quando è sotto il 50, di solito vi è una contrazione. 

C'è stato un grosso declino negli ultimi sei mesi sia per la Germania che per l'Italia. Questo è in parte legato alle difficoltà che l'economia europea sta affrontando in questo momento e in parte legato all'”effetto frusta”. Questo aumento verticale dei prezzi dell'energia ci porterà a scenari come quello a cui stiamo iniziando ad assistere in Inghilterra, dove 100mila persone hanno promosso l'iniziativa "Dont Pay", che significa "non pagare", che è una raccolta firme per non pagare le bollette dell'elettricità, arrivate ormai a cifre esorbitanti. L'obiettivo di tale iniziativa è arrivare a un milione di firme. Avere un'inflazione fuori controllo vuol dire anche questo, cioè che le persone iniziano a protestare per via di un aumento dei prezzi verticale che rende insostenibile mantenere inalterato il proprio tenore di vita. Per questo motivo è stato deciso di tenere l'inflazione attorno al 2%. Un po' di inflazione ci deve essere sempre, proprio per riuscire a diluire leggermente il debito pubblico senza che le persone se ne accorgano. Allo stesso tempo, se l'inflazione cresce troppo esageratamente si trasforma in un vero e proprio problema sociale.

Cosa ci aspetta in termini di crescita del prodotto interno lordo all'interno dell'area euro?

Ci sono varie simulazioni che sono state pubblicate da Goldman Sachs e che dipendono da differenti scenari di approvvigionamento di gas. Possiamo avere uno scenario normale, il Consensus, rappresentato dalla linea azzurra che indica una crescita limitata, anche nel 2023, nel terzo-quarto trimestre. Gli scenari possono essere molto più pessimistici qualora ci fosse una riduzione molto più forte del gas proveniente dalla Russia. In caso di 40% di gas russo, quindi una riduzione del 60%, la crescita economica è stimata in questa linea blu che indica una contrazione fondamentalmente solo nel quarto trimestre dell'anno. Se scendessimo a solo un 20% di gas russo avremo una contrazione molto più forte. Se si interrompesse completamente la distribuzione del gas russo, e ci fosse anche un confidence shock, cioè uno shock da parte dei consumatori, questo causerebbe un crollo verticale dei consumi nell'autunno e nell'inverno del 2022. 

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Questa è la situazione a livello economico europeo. Vi è un aumento sostanziale delle bollette che portano le famiglie a dover tirare la cinghia. Quindi i tassi di risparmio vanno allo zero, le persone si indebitano di più e si consuma di meno. Se si consuma di meno, le aziende fatturano di meno e di conseguenza fanno meno utili e magari fanno anche perdita. Questo chiaramente ha un impatto sui mercati finanziari, perché se calano gli utili o calano anche i prezzi e teniamo inalterate le valutazioni, oppure c'è un problema di eccesso di valutazione per quegli utili che sono stati generati dalle imprese. 

In molti pensano che l'Europa abbia un peso azionario  limitato a livello mondiale, perché quello che importa veramente per i mercati finanziari è lo stato di salute del S&P 500, principale mercato azionario americano. Questo è vero, se non fosse che il 25% degli utili del S&P 500 vengono prodotti in Europa. Quindi se l'Europa entra in una recessione più o meno grave e c'è un grosso calo di confidenza e contrazione dei consumi, chiaramente gli utili delle aziende statunitensi saranno fortemente impattati e, di conseguenza, le valutazioni e i prezzi dell'intero comparto azionario sono destinati a scendere.

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